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LINGUAGGI JAZZ Archivio 2002 -TORINO-

Sabato 9 febbraio Piccolo Regio Puccini ore 21.15

PURE CUONG VU TRIO

Cuong Vu, tromba
Stomu Takeishi, basso
John Hollenbech, batteria

Cuong Vu


Considerato uno degli stilisti più distintivi dell'animata scena Downtown di New York, il trombettista e compositore Cuong Vu è di origine vietnamita, e si dedica allo strumento dall'età di undici anni, cinque anni dopo il suo approdo a Seattle. Rilocalizzato a New York dal 1994 dopo aver frequentato il New England Conservatory of Music (fu soprattutto il sassofonista Joe Manero a incoraggiarlo a ricercare un suo suono, che non solo enfatizzasse l'originalità ma estendesse la voce e lo stesso ruolo della tromba verso aree inesplorate), lo si trova continuamente in azione, in veste di leader o di sideman, in locali trendy come the Knitting Factory, la Bowery Ballroom o il Bottom Line. Avendo lavorato con personalità come la pianista Myra Melford e l'ancista Chris Speed, al pari di icone pop trasversali (David Bowie e Cibo Matto), non c'è dubbio che Cuong abbia appreso la sua lezione di post-rock. Nel progetto Pure, documentato nell'album live dallo stesso titolo, si serve dello strumento per alimentare un ipnotico "muro del suono", costituendo con i due comprimari una sorta di "power trio" in versione jazz. Musica accuratamente sperimentale, dove ci si può raffigurare la tromba come controparte della preponderante chitarra solista in un terzetto heavy da stadio. Ma i riferimenti ad una pur attenta digestione di elementi pop-rock (certe inquietanti dilatazioni ricordano i Velvet Underground di "Sister Ray"), o le frequenti, esplicite circolarità in odore di trip-hop, non sono sufficienti a rendere giustizia al groove del Cuong Vu Trio, ammaliante, incantevole e doloroso come il principe delle Tenebre.
John Hollenbeck, le cui complicità si estendono dall'avanguardia di Meredith Monk al klezmer, dalla New Art Orchestra di Bob Brookmeyer alla musica brasiliana e indiana, può intervenire sulle scansioni, transitare sulle coloriture o balzare drasticamente in primo piano con un ostinato effetto di conga. Stomu Kakeishi, bassista giapponese dal 1983 trapiantato in America, è campione nell'accostare il looping e una varietà di distorsioni e artifizi elettronici a un tono volitivo eppure straordinariamente flessibile.
Anche Vu ricorre ad arricchimenti hi-tech, oltre a una naturale rumoristica fatta di growls e di ruggiti che è subdolamente funzionale all'insieme. I suoi respiri, inerenti o filtrati dal delay e dal riverbero, si misurano con l'inquieta sobrietà delle melodie. Liscia come i ciottoli annidati sotto la superficie, la tromba si rannicchia, si fa stridula, poi trancia con forza la testa della sua bambola di suoni. La musica, dalla sagoma ora ossuta, ora informe, afferra un tema melanconico, emerge dalla burrasca e si scaglia di prua per lanciare il suo lancinante richiamo alla memoria e all'oblio. È un Achab vietnamita a capitanare questo trio che più che ad una pattuglia di metallari o a una formazione di jazz globalizzato assomiglia al Triangolo delle Bermude.

 

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