Us Five è la più recente creatura di Joe Lovano, un musicista che nonostante i riconoscimenti ottenuti e i livelli incredibilmente elevati di una carriera discografica iniziata nel 1985 ha sempre evitato di ripetersi, o di rimanere entro parametri predefiniti e tutto sommato prevedibili. Forse il suo segreto risiede nella temerarietà nel ricercare nuove forme di espressione artistica all’interno dei linguaggi del jazz, a cui ha contribuito aggiungendo elementi modali e linee free all’improvvisazione più tradizionale basata su progressioni armoniche. Il debutto del quintetto è avvenuto con la pubblicazione, nel 2009, di Folk Art, il suo ventunesimo (!) album per Blue Note. È il primo che comprende soltanto composizioni originali del “Budda beatnik” di Cleveland.
La novità più sorprendente è l’utilizzo stabile di due batteristi, Francisco Mela e Otis Brown III, un segnale dell’accentuazione ritmica della formazione. I cinque strumentisti, nel corso dei brani, si rapportano in diverse combinazioni. “Io non ho solo un quintetto”, avverte Lovano, a rimarcare la geometria variabile di Us Five, “ma anche quattro quartetti, dieci trii, nove duetti e cinque voci soliste”!
Nella sua evoluzione da strumentista, Joe ha assimilato le lezioni di Coltrane e dell’avanguardia, così come l’impressionismo di Paul Motian, uno dei suoi partner più duraturi e influenti. Eppure conserva tuttora nei suoni le spesse tinte del bop del Midwest, quello di Gene Ammons e di Johnny Griffin.Un processo avvenuto non per sostituzione ma per addizione, alla stessa maniera della dinamica filosofia di Us Five, che |
si esprime attraverso molteplici “conversazioni”, piuttosto che su una successione di assolo e di improvvisazioni.
Rimarchevole è pure l’aspetto multigenerazionale della band; all’atto della costituzione, il leader aveva 56 anni, Mela 41, Brown 33 e la contrabbassista Esperanza Spalding appena 24. È la prima volta in cui Lovano si trova in un ruolo simile a quello di assi del recente passato come Art Blakey o Betty Carter, quando offrivano la possibilità di emergere a giovani tramite corsi accelerati di apprendimento sul campo.
Quasi coetaneo di Lovano e come lui originario dell’Ohio, il pianista James Weidman si è affermato nell’ambiente “loft-jazz” di New York attorno al collettivo M-Base di Steve Coleman, per poi mettersi in luce come superbo accompagnatore di cantanti come Abbey Lincoln e Cassandra Wilson e leader di squisiti progetti solistici. Francisco Mela e Otis Brown III sono batteristi dal diverso background: il cubano Mela è cresciuto suonando salsa ai conga; la formazione di Brown, del New Jersey, è a base di gospel e R&B. “Anche quando siamo sullo stesso pezzo, il suono è differente” dice Mela, un provato bandleader con vari album a suo nome. “Anche quando non suono musica latina o cubana, le mie radici affiorano comunque. Credo che fosse proprio questo che cercava Joe; è lo stesso con Otis, che non perde l’impronta R&B e gospel anche quando suona jazz”. Completa il gruppo il bulgaro Petar Slalov, contrabbassista titolare delle formazioni di Mela che ha preso il posto di Esperanza Spalding. |